Il medico Marcello
«La vittima numero 68 è un otorino dell’ospedale di Bergamo, Marcello Cifola che sul profilo Facebook, benché pigramente aggiornato, lascia un appello romantico, che non ti aspetteresti da un medico, per rilanciare nei licei lo studio del Greco e del Latino. E poi – triste presagio – lascia pure una grande scritta in stampatello nero su sfondo giallo: “PROPOSITI PER IL NUOVO ANNO? USCIRNE VIVO!”. Il dottor Cifola era di Porto San Giorgio, una piccola città dell’Adriatico, zona di grandi lavoratori, nel distretto della calzatura tra Macerata e Fermo (Diego Della Valle vive a pochi chilometri). Si era laureato a Bologna come tanti marchigiani e poi aveva fatto ‘carriera’ a Bergamo, che del suo mondo di origine non ha il mare, ma ha la stessa operosità».
Francesco Merlo, «la Repubblica», venerdì 3 aprile 2020.
Che un medico impegnato a salvare vite umane a Bergamo, la città colpita pesantemente dal contagio, pensi, preoccupato, all’angolo in cui è stato cacciato lo studio liceale del Greco e del Latino è davvero sorprendente. Probabilmente scorgeva in quello studio la coltivazione di quell’humanitas che lui praticava giorno per giorno e che lo ha portato alla morte.
Marcello Cifola incarnava il valore della sanità pubblica che non può dipendere dal mercato. L’assistenza sanitaria assicura l’esistenza di uno Stato, come la formazione delle giovani generazioni il suo futuro. Indebolire il sistema sanitario e quello scolastico causa l’indebolimento dello Stato, compromette il suo rinnovamento attraverso un processo democratico.
La visione aziendalistica ha inquinato negli ultimi decenni la sanità e la scuola.
Cifola trovava forse un’analogia tra il lavoro che si svolgeva nelle sale degli ospedali e quello nelle aule scolastiche. Portato avanti con dedizione e generosità da medici e docenti: come si è visto in questa tragedia nazionale. Gli uni affrontando con coraggio, pur nella scarsità di mezzi e nella limitatezza di spazi, la crisi sanitaria, gli altri mantenendo, sia pure a distanza, parola tristemente attuale, i contatti con gli studenti e continuando a far funzionare, con grandi difficoltà, la scuola.
La concezione neoliberistica non regge più. Si dovrà ripensare il ruolo dello Stato, che deve farsi carico della salute e della formazione dei cittadini. Investendo in ambedue i settori, senza delegare a terzi. In tal modo lo Stato diviene civile, umano. L’humanitas, allora, si traduce in prassi.
L’appello dell’otorino contiene, in fondo, questo messaggio. Per dimostrare gratitudine a questo nobile servitore dello Stato abbiamo il dovere di raccoglierlo e, memori, di cercare di attuarlo.
Il nome del medico, Marcello, richiama l’antica Roma: Marco Claudio Marcello è il giovane morto a 19 anni cantato da Virgilio nel libro VI dell’Eneide in versi struggenti, che, secondo la tradizione, strapparono le lacrime alla madre Ottavia e allo zio Augusto, quando li ascoltarono recitati dal poeta:
Heu miserande puer, si qua fata aspera rumpas,
tu Marcellus eris. Manibus, date, lilia plenis (882-883)
Sulla scia di Virgilio, doniamo un fiore al medico Marcello e a tutti i medici che hanno sacrificato la vita per l’umanità.