Alla fine di novembre dell’anno scorso, precisamente mercoledì 30, è stato ricordato nell’Università di Genova il filologo Fritz Bornmann, a venticinque anni dalla precoce scomparsa, per iniziativa dei suoi allievi Enrico Magnelli, docente di Lingua e Letteratura greca presso l’Università di Firenze, di Anna Giardina, docente di Latino e greco nel Liceo classico “ G. Mazzini” di Genova, di Leonardo Di Vasto, presidente della Delegazione dell’Associazione Italiana di Cultura Classica (AICC) di Castrovillari e soprattutto di Pia Carolla, docente di Civiltà bizantina nell’ateneo ligure, coadiuvata dalla sua allieva, dott.ssa Martina Biamonte. In apertura, il Preside della Scuola di Scienze umanistiche (SSU), prof. Raffaele Mellace, e il Direttore del Dipartimento di italianistica, romanistica, antichistica, arti e spettacolo (DIRAAS), prof. Duccio Tongiorgi, hanno sottolineato, nei loro saluti, l’importanza dell’iniziativa che evidenzia la catena della trasmissione della ricerca scientifica e della didattica da maestro ad allievo. Da Firenze sono intervenuti, in collegamento, Francesco Ademollo, docente di Storia della filosofia antica presso l’Ateneo fiorentino, e Augusto Guida, docente di Lingua e letteratura greca presso quello di Udine. In tale occasione è stato presentato il libro che gli allievi hanno dedicato al loro maestro, curato attentamente da Enrico Magnelli e uscito l’anno prima: Fritz Bornmann, maestro e studioso. Storia della filologia, riflessioni di metodo e ricordi personali, Edizioni dell’Orso.
Sebbene siano trascorsi trent’anni, a Castrovillari permane vivo il ricordo del prof. Bornmann: infatti, il 28 maggio 1992, davanti a docenti del Liceo classico “G. Garibaldi”, studenti liceali, cultori del mondo classico e cittadini tenne una rigorosa relazione su Omero: Nuove teorie e scoperte su Omero: un poeta che si avvicina o si allontana da noi?
L’argomento scelto dal grecista piacque molto alla Delegazione castrovillarese dell’AICC che l’aveva invitato: del resto, la Calabria è la terra che diede i natali al primo omerista, Teagene di Reggio, che, vissuto nel VI secolo a. C., «inaugurò – come ha scritto Marcello Gigante – lo studio linguistico di Omero, fondando una tradizione che sarebbe stata coltivata in età ellenistica e nella scuola di Aristotele». Ne era ben consapevole il prof. Bornmann che amava l’antico Bruzio per le sue tradizioni culturali classiche.
L’incontro si svolse nel chiostro del “Garibaldi”, istituto scolastico che, unico tra gli altri istituti scolastici castrovillaresi, ha la sua sede, dal 1876, anno della istituzione del primo corso ginnasiale, in un edificio storico, ovvero nel convento dei Frati Cappuccini, che risale agli inizi del Seicento.
Castrovillari, Liceo classico “G: Garibaldi”, 1992. Fritz Bornmann (secondo da sinistra) tiene la relazione su Omero; al tavolo, la poetessa Giovanna Bemporad (la terza da destra).
Inoltre, l’invito lasciava intravvedere ai docenti e ai soci la possibilità di ascoltare lo studioso tedesco di ampia e salda dottrina, nonché il collegamento, per usare le parole dell’allievo Ademollo, con «una gloriosa tradizione filologica».
Partecipò all’incontro la poetessa Giovanna Bemporad, che declamò diversi passi della sua traduzione in endecasillabi dell’Odissea dopo la relazione di Bornmann, il quale aveva pubblicato, nel marzo del 1971, nel periodico “L’approdo letterario”, una recensione intitolata La traduzione dell’Odissea di Giovanna Bemporad.
Lo studioso suscitò l’interesse dell’uditorio con la sua esposizione nitida, con le sue acute argomentazioni, con i suoi riferimenti puntuali al testo omerico.
Richiamò l’attenzione su diverse problematiche: la comparazione con altre forme di epos, il richiamo dell’antica cultura micenea, la riflessione sulle formule. Al riguardo, sottolineava la «fissità dell’epiteto, che – osservava – caratterizza le formule» e che, aggiungeva, «può sortire, qualche volta, effetti imbarazzanti. Infatti, nel libro XXI, v. 6, dell’Odissea, Penelope prende la chiave del talamo χειρὶ παχείῃ, ‘con la sua grossa mano’: questa formula si applica alle mani degli eroi.
La Bemporad ha tradotto, con grande finezza, ‘con mano energica’, per rispetto di Penelope e anche perché ha rispettato, in pieno, la formula». Questa citazione era un gentile omaggio alla poetessa presente.
Il professore, continuando, affermava: « Che cosa denota questo? Un imbarazzo, una lacuna nel sistema formulare, che conosce un epiteto, un modulo per la mano applicabile soltanto alla ‘grossa mano’ dell’eroe. A Penelope è capitato l’incidente di averla dovuta subire, anche se una volta sola». L’ultima osservazione, pronunciata lentamente e sollevando gli occhi dal testo scritto, è arguta, dettata da quell’arguzia che Magnelli scorge sottesa all’acume esegetico che caratterizza il commento della sua edizione critica dell’Hymnus in Dianam.
Alla fine dell’attenta disamina della poesia omerica lo studioso dava la sua risposta all’interrogativo posto dal titolo della relazione, che intrigò non poco i presenti. «Per secoli Omero è stato considerato espressione della natura, ora veniamo a sapere che, tutto al contrario, i suoi poemi stanno, piuttosto, alla fine di una lunga tradizione. […] Eppure in questa opposizione si riflette quello che oggi a noi riesce più difficile apprezzare in Omero: il contrasto tra stilizzazione e immediatezza. Per noi l’immediatezza rievoca l’esperienza proteiforme, la stilizzazione fa pensare a un’esperienza mediata da moduli, convenzioni. […] la stilizzazione è statica, l’immediatezza dinamica. La statica, la sua regolarità armoniosa e ripetitiva sembra più vicina a un rituale di quanto noi siamo abituati ad attenderci dalla letteratura. […] Ogni atto rituale, ogni epiteto generico ripetuto, ogni gesto stilizzato celebra la regolarità e l’armonia dell’esperienza. Il nostro mondo occidentale moderno è, prevalentemente, esplorativo, diffidente verso il rituale, sempre pronto a fraintendere la logica della celebrazione, prevalentemente desideroso di vedere cosa c’è dietro le convenzioni. […] Se noi valichiamo questi limiti posti dalla tradizione alla poesia omerica, se noi rinunciamo a una lettura moderna ad ogni costo, anche il nuovo Omero, che è tutt’altro che un poeta ispirato dalla natura, dalla naturale spontaneità, avrà ancora molto da dirci».
Svolgendosi l’incontro nel pomeriggio, lo studioso ebbe modo durante la mattina di visitare i monumenti di Castrovillari (il Castello Aragonese, il quartiere medioevale della Civita, il Santuario della Madonna del Castello) e di avere il primo contatto con il Liceo “Garibaldi”, con i suoi docenti e i suoi studenti. Come ha scritto Lia Raffaella Cresci, una sua allieva, poi docente di Civiltà bizantina nell’Università di Genova, il prof. Bornmann «nutriva la più alta e sincera considerazione per la dignità, il ruolo sociale e culturale del docente di scuola». Come docente all’Università di Genova e, poi, di Firenze, preparava attentamente e adeguatamente, con programmi di studi ben articolati, i suoi studenti, perché divenissero, una volta laureati, “ottimi docenti”, come ha affermato la sorella Bianca Maria, docente di Lingua e Letteratura tedesca all’Università di Genova e, poi, di Firenze, incoraggiandoli ad intraprendere la via dell’insegnamento. Alla sua allieva, Anna Giardina, ora docente di Latino e greco nel Liceo classico “ G. Mazzini” di Genova, in una lettera privata scrisse: «L’insegnamento produce qualcosa di più duraturo di un articolo o di un libro».
Il pubblico seguì con attenzione il discorso stimolante e puntuale sul poeta iniziatore della letteratura europea.
Dopo la sua relazione, la poetessa Giovanna Bemporad comunicò, come un antico aedo, passi dell’Odissea nelle sua limpida traduzione in endecasillabi. Toccante il passo del riconoscimento di Ulisse da parte di Penelope, libro XXIII, vv. 233-240, «Come appare / desiderata ai naufraghi la terra, / se spezzò Poseidone la loro agile / nave, al largo spingendola con l’impeto / delle onde e il vento; pochi dal canuto / mare a riva si salvano, nuotando, / grumi di sale incrostano le membra; / sfuggiti a morte, toccano la terra / con gioia: tanto a lei desiderato / lo sposo era, a guardarlo, e non staccava / più le candide braccia dal suo collo».
Esemplare la traduzione della Bemporad, che vivifica le espressioni formulari con appropriate notazioni e integrazioni psicologiche. La poetessa, traducendo il distico V 116-117: «Disse; rabbrividì Calipso, augusta / ninfa, e rivolse a lui parole amare», interpreta la formula omerica épea pteróenta (“parole alate”) con “parole amare”: con l’aggettivo ‘amare’ indica lo stato d’animo della ninfa; ancora, interessante l’interpretazione dell’esametro XIX 3: «Parlò deciso, apertamente al figlio», la traduzione con “deciso” di épea pteróenta lascia scorgere l’atteggiamento di Odisseo.
Nel corso della manifestazione, la musicista Patrizia Mollica, arpista, eseguì alcune composizioni creando un’atmosfera suggestiva.
Castrovillari, gennaio 2023 Leonardo Di Vasto